Cosa potrebbe mai accomunare il padre dell’action painting e del dripping Jackson Pollock con JonOne, l’artista autodidatta che ha fatto della città metropolitana il suo atelier? Rispondiamo subito: colore, energia e materia pittorica.
Dai graffiti alla tela
Newyorkese di nascita ma dominicano di origine, il giovane John Perello, classe 1963, inizia la sua passeggiata nell’arte appena diciassettenne, mosso dalla frizzante curiosità adolescenziale e dal forte desiderio di comunicare sè stesso. Partendo dale pagine private del suo notebook, le tag Jon156 (dove “156” sta per l’indirizzo della sua abitazione) si estendono ai muri del quartiere di Harlem fino a viaggiare nei vagoni del metrò, quello che ama definire: “il museo che attraversa la città”. Per mezzo delle escursioni notturne messe in atto con il collettivo di artisti “156 All Starz”, che fonda nel 1984, inizia la sua ascesa nel variegato mondo della graffiti art. Ma John, più che un graffiti writer, si sente un pittore, termine di più ampio respiro che spiega la scelta dell’artista di sperimentare su tela con tecnica ad olio.
Immerso nella vivace cultura americana anni ’80, caratterizzata dallo scontro tra il Jazz e l’Hip Hop, si distingue immediatamente e si ritaglia il suo personale spazio nella scena underground rifiutando la figurazione e facendo ricorso solo al writing: “quello che ho fatto non era rappresentativo di quello che potevano immaginare, ero più libero e tecnicamente, ero nell’immaginazione.” In merito alla sua produzione artistica John dice: “ognuno dei miei quadri è un’improvvisazione astratta.” Ma facciamo un passo indietro…
La Scuola di New York
“Credo che l’ambiente in cui sono nato sia l’ambiente ideale per creare arte.” – JonOne
Perché quando si parla di espressionismo astratto, si parla contestualmente di Scuola di New York? Con l’assorbimento delle avanguardie storiche europee, nel 1946 New York diviene una fucina eterogenea di artisti, con dei linguaggi a volte anche molto differenti tra di loro. Tutto questo avveniva circa 20 anni prima dell’avvento del graffitismo.
Tra i volti più noti spicca quello di Jackson Pollock, il “papà” del dripping, una tecnica che consiste nel lasciar gocciolare il colore sulla tela stesa a terra. Lo si può fare con le mani, con il pennello o direttamente dal barattolo di vernice. La critica è stata però molto severa nei suoi confronti. Nel 1959 il Reynold News, un settimanale britannico, pubblica un articolo titolato “Questa non è arte, è uno scherzo di cattivo gusto”, lanciando un’occhiataccia a quella pittura che si stava facendo danza, che attraverso la centralità attribuita all’inconscio e all’automatismo dava forma al colore. L’artista iniziava ad abitare la superficie pittorica, la percorreva e la guardava dall’alto. Jackson Pollock con la sua rivoluzione entrava nel dipinto, influenzando generazioni di pittori.
Da questi precedenti, John ha attinto per dare luogo alla sua rivoluzione artistica.
La conosci Blank Stares?
Blank Stares è uno degli irriverenti capolavori di JonOne, realizzata nel 2018. È un’esplosione di colore fatta di giochi di contrasto, di simmetrie e asimmetrie che inglobano calligrafia e scrittura. Un ritorno a quelle origini che non possono essere dimenticate. Così l’artista reitera la tecnica del dripping, come un Pollock dei nostri tempi. Ma non pensiate che un’opera come questa sia solo frutto dell’improvvisazione. Come per Matisse che “prima ancora di cominciare a dipingere, aveva il dipinto nella sua testa”, per John la pittura è soprattutto una composizione matematica dei propri sentimenti, perché dietro all’improvvisazione c’è un piano, un pensiero razionale che ha come fine ultimo il rapimento e il coinvolgimento dell’immaginazione dello spettatore.
È in questo modo che il suo stile unico, a cavallo tra la graffiti art e l’espressionismo astratto, ha conquistato l’approvazione di critica e pubblico, facendo di John uno degli artisti più apprezzati nel panorama artistico francese (dove vive e lavora dal 1987) e internazionale. E per fare questo, ci vuole energia: “Ho ancora energia, perché c’è bisogno di tanta energia per dipingere”. Come dargli torto?