Come già vi abbiamo raccontato, i Miaz Brothers sono due artisti (e fratelli) che durante la loro carriera artistica hanno sperimentato una moltitudine di media e linguaggi.
I due artisti però da qualche anno si concentrano sul ritratto.
Miaz Brothers: Ritratti
Ma perché proprio il ritratto? Secondo i Miaz Brothers il ritratto è una “porta simbolica per rappresentare l’intero genere umano”, un essere in continuo divenire.
Quando visitiamo un museo d’arte ci capita spesso di imbatterci in importanti ritratti di personaggi famosi della storia: papi, re, nobili, intellettuali, imperatori e principesse. In passato farsi ritrarre era simbolo di prestigio sociale e il ritratto veniva utilizzato soprattutto dai potenti come specchio della loro personalità e della loro grandezza. Con le loro opere però i Miaz Brothers hanno un approccio completamente nuovo, ribaltano le gerarchie creando opere “democratiche”, soggettive agli occhi di chi guarda.
Lo spettatore infatti si sforza di ritrovare queste certezze nell’opera che ha davanti ma all’improvviso si sente disorientato. Deve iniziare a immaginarne e completarne da sé il significato, dando un volto, un nome e una storia al personaggio nel ritratto. Chi è il soggetto? Qualcuno che conosciamo? Un amore perduto? Una persona cara?
Miaz Brothers: Tecnica
La tecnica che utilizzano è l’aerografo su tela di grandi dimensioni; nebulizzando il colore acrilico ottengono un effetto etereo, completamente fuori fuoco.
L’uso della vernice spray ha un significato ben preciso: ”La usiamo per rappresentare il fatto che siamo composti da infinite particelle in continua evoluzione“, dicono, “che cambiano di pari passo con la complessa realtà che ci circonda”.
I loro dipinti diventano allora degli studi sulla percezione, che sono alla base del rapporto con lo spettatore. I due fratelli incoraggiano l’osservatore a “interagire con l’immagine e a filtrarla attraverso il processo di identificazione, per ottenere qualcosa di non fisso e limitato, ma senza limiti e personale”.
I loro ritratti rimangono in quel limbo di mistero, tra il detto e il non detto, tra il conosciuto e lo sconosciuto. Tra l’essere e il non essere.
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