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Trittongo

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3 ottobre 2009 – ore 18.30
3 ottobre – 8 novembre 2009
WUNDERKAMMERN ROMA, VIA GABRIO SERBELLONI 124
dal mercoledì al sabato, 17 - 20
Walter Vallini, Gianni Asdrubali, Tea Giobbio

Apertura:

3 ottobre 2009 – ore 18.30

Mostra date:

3 ottobre – 8 novembre 2009

Location:

WUNDERKAMMERN ROMA, VIA GABRIO SERBELLONI 124

Orari di apertura:

dal mercoledì al sabato, 17 - 20

Artista:

Walter Vallini, Gianni Asdrubali, Tea Giobbio

Trittongo

A cura di Giorgio Bonomi e Cristina Marinelli 

Il “trittongo” è un complesso di tre suoni vocalici in una sola sillaba, perciò lo abbiamo scelto come titolo di questa mostra (la sillaba) che presenta tre artisti diversi per tecnica e poetica (i suoni vocalici) che, comunque, esposti insieme non formano una giustapposizione contrastante e contraddittoria bensì un’immagine delle differenze e, quindi, della possibilità di convivenza armonica e proficua delle diversità. In più, in una sorta di “girotondo” in cui ognuno è come legato all’altro, abbiamo Gianni Asdrubali che è romano, Tea Giobbio torinese e Walter Vallini romano che vive a Torino: certamente è una circolarità non voluta ma comunque curiosa.

Gianni Asdrubali è pittore. La sua è una pittura sulla superficie che è il luogo degli accadimenti. Qui vuoto e pieno, bianco e nero, acromia e cromia si evidenziano nell’atto artistico che crea l’immagine, il concetto e la stessa realtà estetica che si dà anche come etica per la pervicacia e l’ostinazione con cui Asdrubali realizza il suo magmatico processo creativo. Allora il supporto, sia
esso la tela bianca o lo stesso muro, è indifferente, poiché è dato nelle sue qualità proprio dall’intervento dell’artista. Le stesse titolazioni delle opere, neologismi di sapore scientifico- geometrico, significano che l’arte – come la scienza, che si muove allo stesso modo – può scoprire nuove possibilità, nuove realtà.

Tea Giobbio opera con la fotografia, prevalentemente in bianco e nero, e assume come tematica “se stessa”, cioè il suo stesso corpo ripreso con l’autoscatto. Qui sempre appare la “mancanza”, l’ “assenza”, che notoriamente è la base fondamentale per stabilire non solo l’identità ma il concetto stesso di “realtà” (infatti non c’è “positivo” senza “negativo”), quindi di “presenza”. Così Giobbio ci offre la presenza del suo corpo nudo ma senza, per esempio, il volto; del suo corpo avvolto in una lunga veste ma ancora una volta ci priva delle sue sembianze, mentre i suoi piedi, messi bene in vista, sembrano far librare nell’aria la figura complessiva; altre volte si serve della sfocatura dell’immagine per creare un’atmosfera di assenza; in altre occasioni, ancora, abbiamo sì il volto ma celato dalle sue mani.

Walter Vallini è architetto, ma qui si presenta come fattore di oggetti che potremmo definire di “design” ma che preferiamo chiamare “sculture d’ambiente”, sia perché i suoi oggetti sono sempre pezzi unici sia perché non è la funzionalità dell’oggetto che interessa all’artista, concentrato, anzi,proprio sugli elementi estetici della creazione che acquista significato autonomo ed autoreferenziale, al di qua dell’uso possibile. In primo luogo Vallini è preso dalla “materializzazione”, per così dire, della “luce” che pare essere il suo materiale d’affezione sul quale e attorno al quale si organizzano “ancellarmente” i materiali (acciaio, plexiglas e legno, sempre
elegantemente dipinti). In tal modo l’oggetto “artefatto” va ad integrarsi con il contesto per realizzare un effetto di grande efficacia estetica, al servizio dell’occhio più che della quotidianità pratica.

Gli spazi della Wunderkammern non solo si prestano bene a questa “sillabazione” di tre “elementi vocali”, ma offrono un’opportunità unica, data la suddivisione degli spazi in due stanze e cave sotterranea, d’allestimento complementare, con le opere a parete di Asdrubali e Giobbio sopra e quelle di Vallini sotto.

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