Curato da Giuseppe Ottavianelli
Supporto critico di Serena Silvestrini e Egidio Emiliano Bianco
Per la prima volta in mostra alla galleria Wunderkammern di Roma le opere di grandi maestri che hanno segnato la storia dell’arte contemporanea, grazie alla loro volontà di uscire fuori dagli schemi: Tomaso Binga (Salerno, Italia, 1931); Paolo Buggiani (Castelfiorentino, Italia, 1933); Keith Haring (Reading, USA, 1958-1990); Richard Hambleton (Vancouver, Canada, 1954-2017) e Ken Hiratsuka (Shimodate, Giappone, 1959).
Art revolution: così recita il motto che Paolo Buggiani ha fatto suo fino a imprimerlo indelebilmente sulla pelle con un tatuaggio. Per l’artista toscano, la rivoluzione è un atto necessario per cambiare una situazione stagnante, è un gesto dirompente che ha come scopo quello di portare progresso. La ribellione, intesa come sovvertimento di un ordine statico, è il motore del lavoro di tutti gli artisti in mostra.
Le opere esposte in Long live the revolution sono connesse tra di loro da uno schema che si ripete con modalità differenti: sono pensate per stupire lo spettatore, sorprenderlo per catturarne l’attenzione fino a condurlo alla riflessione e, in maniera auspicabile, a una sentita e profonda consapevolezza della necessità di un cambiamento. Questo è presente nelle performance newyorkesi di Buggiani, tra le quali si ricordano quelle in cui l’artista, travestito da Icaro, pattinava tra le automobili nel traffico provocando lo stupore (e talvolta l’ira) dei conducenti, oppure in quelle di Binga, volte a scardinare gli odiosi aspetti del patriarcato saldamente radicati nella cultura italiana – e non solo – attraverso l’uso del suo corpo come strumento tramite tra le parole recitate e gli spettatori coinvolti.
Negli interventi pregni di leggibili messaggi sociopolitici fatti da Keith Haring sui cartelloni pubblicitari nella metropolitana di New York. Nella stessa metropoli, le ombre urbane di Hambleton coglievano di sorpresa i passanti in angoli inaspettati delle strade. La sensazione di “rivoluzione necessaria” si avverte anche nelle linee infinite che sembrano non interrompersi mai di Hiratsuka, quasi a volere racchiudere al loro interno l’umanità intera senza distinzione di sesso, etnia o religione, unendo gli esseri umani in un’unica forma di comunicazione universale. In mostra opere storiche esposte insieme a lavori più recenti.
Ph. di Alessio Paniccia
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