a cura di Giuseppe Pizzuto
Negli anni ’80 i poster pubblicitari di Haring nelle stazioni della metropolitana di New York, le ombre create da Hambleton negli angoli più tenebrosi della città e le performance di Buggiani il quale, vestito da Icaro, pattinava tra le automobili della città, creavano situazioni di stupore negli osservatori. Le sperimentazioni degli Street Artist di quegli anni hanno subito evoluzioni e declinazioni, oggetto di indagine in questa mostra.
In Europa, e in particolare in Francia, Jef Aérosol sperimenta la tecnica dello stencil: i suoi ritratti, realizzati con bombolette spray, sono omaggio sia a personaggi famosi che a persone del tutto comuni, le quali possono colpire la nostra attenzione semplicemente passeggiando per strada.
Lo statunitense Mark Jenkins crea attraverso calchi realizzati con un nastro adesivo speciale delle opere dalle sembianze umane. Le installazioni vengono posizionate all’esterno, davanti a vetrine di negozi, su grattacieli di 40 piani, stimolando il dubbio in chi osserva sulla realtà delle situazioni in cui si collocano.
Tra gli artisti che lavorano sulla percezione visiva troviamo gli italiani Sten Lex e Miaz Brothers. Sten Lex sono gli inventori dello stencil poster: lavorando con lo stencil su un muro, non rimuovono la matrice che renderebbe l’opera riproducibile, al contrario, dipingono sulla stessa affermando l’unicità dell’esito finale.
Nei ritratti dei Miaz Brothers i tratti distintivi dei volti, degli abiti, degli sfondi risultano sfocati a causa dell’utilizzo dell’aerografo: ecco che la mente umana deve attivare un processo di memoria ed associazione iconografica.
I graffiti ricoprono decisamente una delle forme più controverse di espressione dell’artista in strada. JonOne, statunitense naturalizzato francese, rende la tag parte integrante della sua opera. Influenzato dall’espressionismo astratto, dai colori forti e vivaci unisce il gesto impetuoso del getto di acrilico sulla tela insieme all’ossessiva ripetizione della tag. Il gesto di scrittura unito al colore è di interesse anche per l’artista francese L’Atlas: studiando e sperimentando varie tecniche calligrafiche, fonde la scrittura con forme geometriche arrivando alla creazione di labirinti che celano il suo nome.
Morbide linee caratterizzano il lavoro di 2501, artista italiano il cui lavoro è caratterizzato da geometrie talvolta riconducibili ad ingranaggi meccanici pur conservando importanti riferimenti alla natura e allo spazio che ci circonda, con particolare riferimento alla coesistenza di spazi positivi e negativi, pieni e vuoti.
Il lavoro di Shepard Fairey è stato premiato e riconosciuto a livello internazionale. A partire dalla campagna di sticker di André the Giant del 1989, l’artista ha sviluppato uno stile riconoscibile rappresentando icone dei nostri tempi, tra le quali si inserisce Obama con la campagna politica del 2008. Shepard Fairey afferma la necessità dell’arte di prendere posizione su questioni politiche di interesse globale per quanto riguarda temi ambientali, sociali e di solidarietà.
Questa mostra collettiva stimola una riflessione sulle complessità legate ai linguaggi della street art: come collocare una manifestazione artistica nata per strada all’interno delle mura di una galleria?